Storia del bosco

Detto territorio di Sangro si riparta per la metà, con due Defenze, che comenza dalla Torre del Sangro tirando sempre per la strada da fin all’Osente e se entenda per una Defenza, et l’altra metà per l’altra [Defenza].

Tratto da: Capitoli per l’affitto delle intrate dell’Università di Torino di Sangro del 16 settembre 1613

Dalla fine del Cinquecento, le terre boscate e civiche, erano le uniche risorse territoriali da cui i cittadini potevano trarre la propria sussistenza. L’insieme della popolazione costituiva quella che giuridicamente era chiamata Universitas, strettamente connessa al territorio e alle terre civiche da essa amministrata. L’amministrazione delle terre civiche o di quel- le feudali garantiva all’Universitas la sopravvivenza e le rendite con le quali poter sopportare il peso fiscale regio, le collette feudali o i pesi ecclesiastici. L’Università - cioè l’insieme dei cittadini retta da un’amministrazione civica a controllo feudale - trae- va i propri introiti dall’affitto delle proprie “terre” ai singoli cittadini che provvedevano a coltivarle, dall’affitto dei pascoli (diversificati tra loro) a cittadini o perso- ne di altri luoghi, dalla vendita di taluni servizi, la cui privativa era concessa dal feudatario, a persone che con l’esercizio commerciale o di amministrazione ne traevano introiti. Altri esigui redditi derivavano dalle tasse dette del “focatico” (sulle famiglie) e della “bonatenenza” (sui beni di proprietà da cui erano esclusi, prima del 1734, tutti quelli dei nobili ed ecclesiastici).

L’ATTUALE LECCETA: UNICA TESTIMONIANZA DI UN FEUDO MEDIEVALE
Sino alla fine del Settecento Torino di Sangro poteva disporre di una grande estensione di territorio boscato compreso tra il tratturo L’Aquila-Foggia e la costa adriatica in cui era compresa l’attuale Lecceta; per ol- tre due terzi l’altra macchia boscosa fu tagliata tra il 1806 e i due decenni successivi. L’Abate Antonio di S. Giovanni In Venere addivenne ad un contratto di locazione all’Università di Torino del feudo di Civita di Sangro per il prezzo di ducati 240. Il feudo confinava con il territorio di Torino, con il mare Adriatico, con il fiume Sangro e il territorio di Rocca dell’Osento. Il castello di Sangro era tutto rovinato e il monastero non vi percepiva reddito. Veniva concesso all’Università di Torino a perpetua enfiteusi con l’obbligo di corrispondere un annuo canone di 7 ducati d’oro da pagarsi nella festa di S. Giovanni Battista. Questa poca chiarezza formale e contrattuale deter- minò indebite appropriazioni e rivendicazioni che si protrassero sino a Settecento inoltrato. Nel 1739 l’Università di Torino ricorre alla Regia Udienza per invalidare la pretesa da parte di Benedetto Betti contro l’affitto dei pascolo di ghiande nel bosco: ancora una pretesa che impegnò l’Università.

LA CARESTIA E L’ESPANSIONE DEI TERRENI CIVICI

Il terraggio Rilevante introito per le casse comunali era costituito finanche nel periodo francese dalla vendita dei cereali ricavati dal terraggio dei suoli comunali messi a coltura dai cittadini. Se nei decenni precedenti le coltivazioni erano finalizzate al sostentamento dei soli abitanti locali, dopo le carestie di fine Settecento (terribile quella del 1764) l’utilizzazione dei suoli demaniali per l’agricoltura diventò generalizzata, a volte anche eccessiva e su suoli poco adatti, come ac- cadde nei terreni montani. Dappertutto questa tendenza comportò una drastica riduzione del manto boscoso e dei pascoli, cui coincise la successiva censuazione del ta- voliere di Puglia, la ripartizione dei beni demaniali comunali ai privati cittadini ed una drastica riduzione dell’attività pastorale.

Negli atti comunali del 1809-1812 risultano in gran parte documentati gli interessi comunali per la vendita dei soliti ed antichi prodotti derivanti dall’utilizzazione dei terreni comunali: BOSCO, SUOLO CIVICO, IMMOBILI, legname da costruzione, affitto per le carbonaie, vendita del frascame, vendita delle ghiande, (allevamento suini), affitto dei pascolo all’interno del bosco, terraggio, affitto dello “Stallone” per il ricovero di animali privati, affitto del mulino comunale, affitto di altri servizi (pizzicarla, forno, ecc.) Al controllo degli amministratori su tagli o usurpazioni e sul pericolo d’incendio si aggiungeva l’interesse dei cit- tadini che nel bosco trovavano il sostentamento con l’uso civico e la pastorizia. La gestione della risorsa impegnava gli amministratori al controllo del bosco per garantirsi la vendita del le- gname. Significativa, in proposito, la vendita di legna- me di quercia da utilizzarsi nella Fortezza di Pescara del 20 giugno 1809, quando quest’ultima si trovava interes- sata da ristrutturazioni edilizie. L’affitto delle erbe e del bosco, stando alla fida del 1831 rendeva: per ogni vacca o giumenta per ogni bove aratore per pecora, capra o negro per vitello o annino l’intera fida rendeva L’economia privata c. 4 c. 3 g. 10 = 1 carlino g. 20 120 ducati annui. Risulta documentato l’uso civico dei boschi sia per la raccolta di legname secco che per la raccolta delle ghiande, concluso il periodo di affitto. È interessante evidenziare che all’interno del bosco vi erano ricavate delle carbonaie.