Il Fiume Sangro

Sarebbe troppo lungo ricordare tutte le notizie storiche riferentisi alla foce del Sangro e diremo solo le più importanti. Ci fu un porto nel tempo antico e anche in quello medioevale. Nel 972 il fiume verso la foce fu donato dal marchese Trasmondo alla badia di San Giovanni in Venere. Nel 1194 si fermarono vicino alla foce di questo fiume le milizie di Enrico VI di Svevia e di altre regioni, portando la desolazione in molti paesi. Oderisio II, abate di San Giovanni in Venere, fece costruire le saline che poi, nel 1383, furono date in pegno a Paglieta. Federico Carafa, venendo da Barletta, sostò con 26 barconi presso la foce del Sangro. (...) In epoca che non è possibile precisare fu innalzata, presso la foce, la torre di cui restano ora miseri avanzi, e vicino furono trovate le bombarde di pietra, scavando le fondazioni per il prolungamento del ponte della ferrovia, eseguito circa venti anni fa.”

Domenico Priori, La Frentania, I volume, Lanciano, 1943

Sagrus magnus omnis... il Sangro dalle grandi acque. Così Strabone, famoso geografo greco vis- suto nel I secolo a.C. definì il Sangro, chiamato poi saros da Tolomeo e saro da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Un’etimologia incerta che ha fatto pensare al colore delle acque tendente al rossastro, per la presenza di alghe, secondo alcuni, o forse più per il colore di alcune rocce frequenti lungo il suo corso. Un fiume importante non solo per la sua portata, vista anche la mancanza di impedimenti artificiali e di regimazioni, ma anche per la sua posizione geografica che ha rappresentato per secoli confini naturali e di guerra fino a quello di teatro di battaglie nell’ultimo conflitto mondiale. Secondo fiume d’Abruzzo per portata e per bacino idrografico il Sangro nasce alle pendici del Monte Turchio a 1400 metri nel Parco Nazionale d’Abruzzo, scorre poi per 117 km attraversando per un breve tratto il territorio molisano e poi segnando il confine fra la nostra regione e il Molise. Se la parte alta del suo corso scorre in una delle zone meno antropizzate della regione il tratto planiziale in- vece attraversa una delle aree più industrializzate ed abitate. Nel tratto alto il Sangro conserva tutte le caratteristiche del corso d’acqua appenninico alimentato da copio- se sorgenti e con notevole portata e regime regolare offrendo tratti anche paesaggisticamente rilevanti, co- me le strette gole di Opi, il Lago di Barrea e le gole pro- fonde e inaccessibili tra Alfedena e Scontrone. Altra importante emergenza naturalistica risulta un tratto di circa 10 km a valle di Castel di Sangro dove il fiu- me è straordinariamente ben conservato con ampie fasce di vegetazione ripariale con ontani e salici di va- rie specie. Qui si trova la meravigliosa isola di Fonte della Luna, nei pressi di Ateleta, un’ontaneta fra le più belle dell’Italia centrale dove è ancora presente la lontra, la specie che meglio rappresenta la qualità e l’importanza di un fiume. A valle di Ateleta vi è ancora il piccolo lago di Castel del Giudice e poi il Lago del Sangro o di Bomba, for- mato da una grande diga in terra battuta costruita ne- gli anni ’50. Pur se di origine artificiale, l’invaso è ben inserito nel paesaggio e risulta anche un ambiente naturalistica- mente interessante.

Dopo un tratto piuttosto degradato, anche per croni- ca carenza di acqua, il fiume si rivitalizza alla confluen- za con l’Aventino, suo principale affluente, dove si tro- va la Riserva Naturale Regionale Lago di Serranella, isti- tuita nel 1990 e diventata presto una delle aree umide più importanti del medio Adriatico, con la presenza di oltre 210 specie censite per l’avifauna. Da qui il Sangro scorre nell’ampia pianura alluvionale per circa 20 km in un territorio ormai a vocazione pret- tamente industriale e produttiva, in un contesto appa- rentemente povero e monotono ma dove tuttavia so- no sopravvissute anche ampie fasce di vegetazione ri- pariale ed un importantissimo relitto di bosco a testimonianza delle estese foreste planiziarie che un tempo ricoprivano la bassa vallata. Il bosco di Mozzagrogna, l’antica selva di Sette legata all’omonimo castello longobardo, annovera fra le spe- cie dominanti il pioppo bianco, il salice bianco, l’ontano nero e la farnia, una specie di quercia ormai quasi scomparsa nella nostra regione. Ultimo ambiente naturale relitto ed interessante sul Sangro è la foce - la più bella in Abruzzo - che forma un unicum ambientale con la Lecceta di Torino di Sangro, riserva naturale regionale istituita nel 2001. Alla foce, lungo le sponde, sono presenti ampie fasce di canneto con un esteso bosco a salici e pioppo bianco che si aprono alla costa dei trabocchi, un trat- to di mare chietino accogliente e gradevole e com- plessivamente ben conservato anche sotto il profilo naturalistico. La foce e la costa vedono ancora il passaggio - che un tempo significava anche la sosta - di stormi di oche sel- vatiche e di gru. La vicina lecceta di Torino di Sangro, la più estesa sul- la costa abruzzese, annovera oltre a leccio, roverella, orniello, specie tipicamente mediterranee, le rigo- gliose essenze del lentisco, della fillirea, del corbezzo- lo, dell’alaterno e rappresenta uno degli ultimi rifugi della testuggine terrestre, ormai altrove pressoché estinta.