Flora

Il l 20 maggio 1995, nel corso di alcune ricerche nella bassa Val di Sangro (Chieti), lungo il tratto di strada che costeggia il fiume tra la foce ed il bivio per Torino di Sangro, ho trovato alcune orchidee a metà fioritura, sicuramente appartenenti al genere Anacamptis, ma dal portamento esile e dai fiori completamente bianchi. Successivamente, consultando accuratamente le guide di Liverani e Delforge, ho capito di essermi imbattuto in Anacamptis urvilleana Sommier et Gatto, entità di dubbio valore tassonomico ma che comunque fino a pochi anni fa era considerata un endemismo maltese (poi reperita anche in Puglia). Nella stessa identica località, ma in altro periodo (30 marzo 1997) ho trovato un centinaio di Ophrys in piena fioritura, di colori e forme differenti fra loro ma tutte riconducibili ad Ophrys archipelagi Gölz et Reinhard, già nota per la Puglia (l’avevo osservata recentemente sul Gargano) e mai segnalata prima d’ora per l’Abruzzo.

da “Orchidee rare in Abruzzo” di Nicola Centurione Giros Notizie n°11/1999

Il bosco di Torino di Sangro si caratterizza come l’unica selva costiera residuale, di una certa estensio- ne e consistenza, del litorale adriatico compreso tra il Biferno a sud e il Monte Conero a settentrione. L’ultima vestigia di quella immensa selva che, secondo Edrisi geografo arabo alla corte normanna, si estendeva senza soluzione di continuità da Campomarino, in Mo- lise, fino ad Ancona. Il bosco di Torino di Sangro ha costituito l’ultimo rifugio di molte specie nemorali nell’ambito della fascia costie- ra medio-adriatica dove i boschi sono stati sistematica- mente distrutti dall’uomo, fino al loro totale annienta- mento, per favorire le aree agricole. Si tratta di una selva il cui strato arboreo è dominato da leccio (Quercus ilex L.), orniello (Fraxinus ornus L.) e roverella (Quercus pubescens Willd.), mentre nei setto- ri più freschi, con suolo più profondo, si insedia com- patto il cerro (Quercus cerris L.). Colpisce la ricchezza di specie appartenenti al genere Quercus presenti in questo lembo di foresta costiera scampato alla scure: oltre a leccio, cerro e roverella va segnalata anche la presenza di un nucleo di farnia (Quercus robur L.) nella porzione del bosco che si spinge sul fiume Sangro, inoltre la cerro-sughera (Quercus crenata Lam.), quest’ultima entità floristica estremamente rara nella regione. Nel bosco hanno trovato rifugio anche specie forestali di ambienti più freschi come nel caso di Lathyrus venetus (Mill.) Wohlf. oppure di Rhamnus catartica L., questo conferma l’importanza delle formazioni forestali per il mantenimento delle specie mesofile e, in generale, la loro influenza su un mesoclima che tende ad essere più fresco ed umido. Le radure che si aprono all’interno del bosco o ai suoi margini arricchiscono sensibilmente la flora del com- plesso forestale. Spesso sono proprio questi ambienti aperti in cui si insediano le fitocenosi di sostituzione del bosco ad ospitare le specie più interessanti, o quanto meno più rare e localizzate. Va, comunque, evidenzia- to che gli incendi ripetuti favoriscono il tagliamani (Ampelodesmos mauritanicus Dur. et Sch), una grossa graminacea cespitosa che tende a costituire formazioni monospecifiche impenetrabili, con ripercussioni negative sulla diversità della fitocenosi, in particolare sulle specie maggiormente eliofile.

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IL CISTO
ll cisto è un genere che comprende circa venti specie di arbusti di media grandezza, sempreverdi, originari dell'area mediterranea; sono piante generalmente tomentose e spesso ghiandolose con portamento eretto e forma tondeggiante, molto ramificata, possono raggiungere i 90-100 cm di altezza. Il nome Cistus deriva dal greco kystis che significa “vescichetta”, in relazione alla forma dei frutti. I fiori, portati da un lungo peduncolo, sono vistosi, a corolla a 5 petali bianchi, rosa o rossi, che ricorda nella forma quella delle rose selvatiche. Ogni singolo fiore appassisce in una giornata, ma la pianta ne produce a pro- fusione. I fiori in estate lasciano il posto ai frutti: picco- le capsule semilegnose che contengono numerosissimi semi fertili; a causa della grande produzione di semi la pianta può divenire invadente. Le foglie sono ovato-lanceolate, possono presentare margine ondulato, sono di colore grigio-verde, generalmente ri- coperte da una sottile e spessa peluria ed hanno profonde nervature pennate. L'habitat di questa specie è costituito da macchie, luoghi aridi e rocce. Tipica della regione mediterranea, diviene rara procedendo dall'Italia meridionale verso l'ltalia settentrionale, dove è presente soltanto su alcuni litorali. In Abruzzo sono presentitre diverse specie: C.incanus, C.salvifolius, e C. monspeliensis. Dalle foglie di alcune specie di cisto si estrae il “ladano”, una resina vischiosa un tempo usata nella medicina popolare come balsamico, emolliente e sedativo, attualmente impiegata in pro- fumeria per la preparazione di cosmetici. Il cisto non offre alcun interesse economico significativo. In passato veniva utilizzato per la produzione di fascine di legna da ardere per l'avviamento dei focolari domestici. Infatti, in breve tempo se ne potevano realizzare cataste destinate all'autoconsumo o da vendere, poiché i cespugli di cisto nel periodo invernale, con terreno umido, si sradicano con una semplice trazione manuale. Attualmente la pratica è vietata da regolamenti locali emanati per la tutela del paesaggio e dell'ambiente.